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giovedì 21 aprile 2011

Inaugurazione del Centro Culturale Konso. 5 marzo 2011


Si è svolta lo scorso 5 marzo a Karat Konso (550 Km a sud di Addis Ababa) l'inaugurazione del Centro Culturale Konso alla presenza di circa un migliaio di rappresentanti dei villaggi circostanti, delle autorità regionali, dei rappresentanti del Ciss (committente dell'opera), dei rappresentanti dell'Ambasciata italiana di Addis Ababa e dell'ambasciatore dell'U.E. s.e. Marchal. La manifestazione che si è svolta tra le danze di rappresentanti delle tribù è culminata con il coronamento dei tukul secondo un antico rito risalente alla tradizione del popolo Konso.


sabato 16 aprile 2011

Una costruzione nel sud dell'Etiopia

Il progetto del Centro Culturale Konso.

foto di Gaspare Sciortino.

Il Centro Culturale Konso è stato realizzato nella zona a sud della regione dei laghi della Rift Valley etiope, presso la cittadina di Karat Konso.

La progettazione esecutiva è stata curata dal sottoscritto sulla base del progetto preliminare dell'ing. Enrico Castelli, responsabile del C.I.S.S. Etiopia (Cooperazione Internazionale Sud Sud), che ne ha anche diretto, con la mia collaborazione saltuaria secondo la possibilità di recarmi in loco, la fase di edificazione.

Disegni di progetto del Centro nelle tavole della mostra presentata in occasione dell inaugurazione il 5 marzo del 2011 a Karat
la pianta dell
sezioni prospettiche e particolari costruttivi

Il progetto è stato concepito all'interno di parametri di riferimento nettamente delineati frutto dell'analisi del sito in stretto rapporto alle capacità tecniche e possibilità economiche a disposizione.

Un primo ambito di riferimento riguarda la storia: il rispetto o per meglio dire la riscoperta delle forme dell'architettura tradizionale etiope precedente l'avvento del cemento armato e precedente la pur pregevole architettura del razionalismo coloniale italiano.

Quest'ultima infatti in ambito etiope non provò neanche alcun tentativo di mimesi o adattamento al contesto del paese colonizzato come al contrario risulta dalla vasta produzione in ambito libico.

L'opera di “colonizzazione architettonica” fu infatti totale rispetto al contesto storico, sociale e culturale del paese.

Il razionalismo italiano e il dibattito architettonico più generale che in maniera più o meno surrettizia e in stretto rapporto con le esigenze politiche si sviluppò nella seconda metà degli anni venti in conseguenza dell'occupazione italiana della libia sulle forme dell'architettura “mediterranea” non ebbe un'analoga “attenzione” in riferimento all'occupazione dell'Etiopia (ma anche di tutto il corno d'Africa ).

Nei fatti vennero importati modelli e tipologie “metropolitani” o tuttalpiù, in alcuni casi, valsero i riferimenti già sperimentati nella colonia nord africana.

Questa riscoperta delle forme dell'architettura etiope precedente la colonizzazione italiana intende agire sulla ricostituzione del legame tra l'oggetto architettonico, il luogo e la storia. Intende cioè indagare sulle possibilità offerte a chi vuole praticare una controtendenza rispetto agli effetti della “globalizzazione” in campo edilizio quando a questa segue l'omologazione delle forme architettoniche.

Un secondo ambito di riferimento e delimitazione del progetto riguarda l'economicità, conseguente alle scarse risorse a disposizione per la realizzazione dell'opera (si consideri che per la realizzazione è stata impiegata una cifra con la quale in Italia difficilmente si riesce a ristrutturare un appartamento di medie dimensioni).

Ma tale dimensione piuttosto che diventare una limitazione delle caratteristiche e qualità dell'opera è stata assunta come connotato qualificante a maggior ragione in un paese dove qualsiasi forma di spreco di risorse è incontestabilmente una forma di separatezza nei confronti delle esigenze prioritarie della maggioranza della popolazione.

Il terzo parametro di riferimento riguarda la tecnica.

L'elementarietà dei processi costruttivi, in un territorio privo di mezzi tecnici moderni e dove è estremamente difficile il reperimento delle più semplici attrezzature da cantiere (Addis Ababa dista più di 550 Km da Konso) diventa quindi l'elemento che caratterizza non solo la conduzione delle fasi lavorative ma anche il prodotto finale e naturalmente la sua forma.

Nei fatti, tenendo conto di impiegare nella realizzazione prevalentemente gli abitanti dei villaggi Konso, il progetto architettonico produce un oggetto che, basandosi sulla tradizione costruttiva locale, sulle sue tecniche riconosciute e sedimentate nella storia, viene riconosciuto come non estraneo ma al contrario capace di instaurare una relazione proficua con l'ambiente circostante.

L''edificio principale, la Casa della Cultura, richiama nella forma i primi edifici edificati nella storia della fondazione di Addis Ababa e della costruzione dello stato moderno.

Vi è inoltre un evidente richiamo alle architetture di fine ottocento della capitale etiope dove lo stile eclettico internazionale si è ibridato in una suggestiva sintesi compositiva con gli elementi dell'architettura del vicino oriente indiano e islamico dando vita all'Addis Ababa style.

Ankober ultima capitale etiope prima della fondazione di Addis Ababa. Vista del ghebbi imperiale alla fine dell800. Foto tratta da: "The city and its architectural heritage. Addis Ababa 1886-1941" di Giorghis e Gerard. Shama books, Addis Ababa 2007.
Esempio dellAddis Ababa style. Foto tratta da: "The city and its architectural heritage. Addis Ababa 1886-1941" di Giorghis e Gerard. Shama books, Addis Ababa 2007.
"Addis Ababa style". Foto tratta da: "The city and its architectural heritage. Addis Ababa 1886-1941" di Giorghis e Gerard. Shama books, Addis Ababa 2007.
Addis Ababa Style. Foto tratta da: "The city and its architectural heritage. Addis Ababa 1886-1941" di Giorghis e Gerard. Shama books, Addis Ababa 2007.
Addis Ababa style. Foto di Gaspare Sciortino.
Addis Ababa styke. Foto di Gaspare Sciortino.
Addis Ababa Style. Il ghebbi imperiale di Addis Ababa. Foto tratta da: "The city and its architectural heritage. Addis Ababa 1886-1941" di Giorghis e Gerard. Shama books, Addis Ababa 2007.

La pianta dell'edificio ha una forma ellissoidale con l'asse maggiore di 33 metri e quello minore di 18.

Parecchi edifici di Addis Abeba, alcuni di essi peraltro ancora esistenti, avevano una forma ovale che corrispondeva alla fase di passaggio dal tukul circolare alla pianta squadrata delle architetture più moderne.

La struttura portante è realizzata con una doppia orditura di pilastri in pali di barzaf dal diametro di 20-30 cm. (pali in legno di eucaliptus), disposti all'interno dell'edificio fondati su una piastra in cemento, parallelamente al perimetro murario.

La muratura esterna precedentemente concepita in “cikka” (terra cruda, paglia fine e sterco) come i tukul tradizionali dei villaggi konso è stata realizzata in laterizio di pomice-cemento intonacato a causa dell'opposizione dei funzionari della Woreda (amministrazione regionale) per una malintesa concezione di modernità.

La doppia orditura di pali in barzaf regge un sistema di travature reticolari, realizzate artigianalmente con elementi tubolari di sezione rettangolare in acciaio verniciato, allo scopo di collegare i pali tra di loro e reggere la struttura della copertura.

Sulle travi reticolari è fissata una prima orditura di barzaf dal diametro più grosso per costituire l'intelaiatura delle travi portanti e sovrapposta ortogonalmente una seconda orditura di arcarecci dal diametro più fine. Sugli arcarecci è fissata una stuoia in elementi di canne intrecciate.

La copertura ha la forma di un cono schiacciato e allungato sull'asse maggiore dell'ellisse e presenta una stretta finestratura intermedia per assicurare il ricambio e la circolazione dell'aria come nella tradizione di Addis Ababa. Essa è realizzata in lamiera ondulata e verniciata.

Infine la muratura esterna intonacata e pitturata secondo modelli geometrici di decoro della tradizione del tukul prevede che tutte le aperture, sia le porte che le finestre, siano schermate all'azione dei raggi solari dalle “musciarabie” come nella tradizione islamico-indiana presente nelle case storiche delle più importanti città etiopi.

Un lato della costruzione ospita un loggiato tradizionale in pali di barzaf e balconata in legno come nelle ville di Addis Ababa.

Sono evidenti anche i richiami alla tradizione costruttiva della tradizione dei villaggi del sud Etiopia.

Infatti il tipico tukul konso è edificato in cikka, ha forma circolare e la copertura è sorretta da un palo centrale in barzaf.

In prossimità della cima del palo una raggiera realizzata in elementi di barzaf più sottili, come la struttura di un ombrello, regge l'incannucciato e la struttura dei travetti del tetto a cono che è realizzato con uno spesso strato di paglia.

capanne konso nel villaggio di Mechelo. Foto di Sergio Cipolla.
la struttura della capanna konso. Foto di Gaspare Sciortino

Dai primi del '900, negli edifici più importanti del corno d'Africa come per esempio le chiese del lago Tana, la copertura in paglia è stata integrata o a volte completamente sostituita dalla copertura in lamiera e ciò in relazione all'apertura del canale di Suez che rese possibile il commercio di grandi quantitativi di lamiere corrugate dalle acciaierie europee.

Il centro ospita una sala cinematografica, un'aula didattica attrezzata per la multimedialità, una hall centrale con funzione di biblioteca e internet point.

Su un lato dell'edificio, con affaccio esclusivamente sull'esterno sono ricavati alcuni piccoli negozi per l'artigianato konso.

Sull'esterno dell'edificio della casa della cultura sono stati edificati quattro tukul tradizionali atti ad ospitare mostre ed oggetti artigianali konso.

Gaspare Sciortino .

marzo 2011

Il Centro Culturale Konso. Vista dallalto. Foto di Gaspare Sciortino.
Il Centro e le capanne tradizionali Konso adiacenti. Foto di Gaspare Sciortino.
foto di Gaspare Sciortino.
la hall delledificio. Foto di Gaspare Sciortino
foto di Gaspare Sciortino.
Il portico. Foto di Gaspare Sciortino.
foto di Gaspare Sciortino.
foto di Gaspare Sciortino.
L edificio visto dalla strada che conduce al centro di karat. Foto di Enrico Castelli
fasi dei lavori. Scavi e spianamento del terreno ad opera di squadre di lavoratori dei villaggi konso. Foto di Gaspare Sciortino
scavi... Foto di Enrico Castelli
...e danze. Foto di Enrico Castelli
foto di Enrico Castelli
Fondazioni. Foto di Enrico Castelli.
Fondazioni. Foto di Enrico Castelli
costruzione delle travi in acciaio presso la città di Awasa. Foto di Enrico Castelli
Foto di Enrico Castelli.
costruzione di una gru "artigianale". Foto di Emilia Orlando.
montaggio delle travi ad anello. Foto di Gaspare Sciortino.
foto di Gaspare Sciortino.
foto di Enrico Castelli
foto di Gaspare Sciortino.
montaggio del tetto. Foto di Enrico Castelli.
foto di Enrico Castelli.
pausa pranzo. Foto di Enrico Castelli.
foto di Enrico Castelli.
preparazione dei pigmenti per gli intonaci. Foto di Enrico Castelli.
Lavoratori. Foto di Enrico Castelli.
Foto di Gaspare Sciortino.
Foto di Gaspare Sciortino.
La regione dei villaggi konso. Il mercato di Duro. Foto di Gaspare Sciortino
Addis Ababa alla sua fondazione nel 1896. Il mercato di Arada. Foto tratta da "The city and its architectural heritage. Addis Ababa 1896-1941" di Giorghis e Gerard, Shama books, Addis Ababa 2007.